Faccio subito mie le riflessioni di Gianluca Diegoli sul primo esperimento di co-working in spiaggia, a cui ho partecipato pure io:
Mentre tornavo in auto, riflettevo di quanta tristezza in questi anni ho visto transitare in molti uffici in cui aleggia quel senso di prigione, in cui le persone si sentono agli arresti domiciliari, mangiano solo con colleghi che odiano, con cui parlano di un lavoro o di un capo che altrettanto odiano, in cui la produttività e la creatività, apparentemente garantite dallo svolgersi in ambiente controllato e da orari stringenti, in realtà siano minime. Anzi, proprio quel sistema che in passato era stato creato per controllare il lavoratore, come se fosse un animale d’allevamento, ora è la causa dell’inefficienza e del disinteresse.
Nella intervista semi-seria che trovate qui sotto (mescolata a quelle degli amici) dichiaro che consiglierei senz’altro l’esperienza ai miei dipendenti. Confermo. I miei splendidi ragazzi lavorerebbero felicemente anche (forse soprattutto) sul cucuzzolo di una montagna, ma sulla efficacia del co-working ad ampio spettro qualche perplessità l’avrei.
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