Per gran parte della mia carriera sono stato un programmatore client/server specializzato nel .NET Framework e in tutto quel gira intorno all’ecosistema Microsoft. Un paio di anni fa ho deciso di uscire dalla mia comfort zone professionale, guardarmi attorno e, per citare qualcun’altro, andare a vedere quanto è profonda la tana del Bianconiglio.
Tempo libero a disposizione non ce n’era. A quarant’anni tra lavoro, famiglia e attività agonistica mi rimaneva solo la via del furto: rubare ore al sonno per dedicarmi allo studio di nuovi linguaggi e piattaforme. Prima è stato il turno di JavaScript, poi di Python, Django, Ruby e infine Node e MongoDB. Ora mi considero un programmatore poliglotta, capace di scrivere codice in una moltitudine di linguaggi.
Eppure in passato sono sempre stato convinto che fosse più produttivo concentrarsi su una sola piattaforma per conoscerla fino in fondo e sfruttarne al meglio le possibilità. Sulle ragioni che mi hanno indotto a prendere quella decisione potrei scrivere una decina di articoli, e magari lo farò prima o poi, ma quel che desidero condividere oggi sono le lezioni che questa esperienza mi ha insegnato.
A dire il vero ci ho già provato una volta, buttando giù appunti e abbozzando un articolo poi miseramente abbandonato. Per fortuna qualche giorno fa sono incappato in Advantages of Being a Polyglot Programmer, stupefacente articolo di Davy Brion. Il suo è precisamente il pezzo che io non riuscivo a scrivere, parola per parola. Davy elenca quelli che secondo lui sono i cinque principali vantaggi del programmatore poliglotta. Io ne aggiungo uno e ve li propongo – fate conto che sia io a parlare attraverso lui, o viceversa.
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